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MOSCHEA
Luogo di culto della religione musulmana (Islam).
La città islamica ideale ha come centro la moschea (arabo masgid,
luogo in cui ci si prosterna): non una moschea qualsiasi, che può
essere presente ovunque in varie forme e dimensioni, ma la moschea per
così dire cattedrale, in cui si svolge la preghiera meridiana del
venerdì che, diversamente dalle altre, è obbligatorio compiere
in comune e in un edificio coperto. Ciò dà ai fedeli la
sensazione fisica della compattezza della umma, la comunità
islamica: pregando insieme ci si conta e ci si confronta con gli altri,
con quei musulmani di poca fede che non osservano il rito del venerdì,
e con i non musulmani. Presupposti fondamentali della moschea sono la
struttura fissa e la copertura; tra gli altri elementi indispensabili
figurano gli impianti per le abluzioni, la nicchia, o mihrab, che
indica la direzione (qibla) della preghiera (La Mecca) e il pulpito,
o minbar. Non è invece strettamente necessario il minareto,
la cui presenza è stata anzi ripetutamente deplorata dai rigoristi
di ogni epoca. La partecipazione alla preghiera in comune del venerdì
assume anche un preciso significato politico, quando sul minbar
sale il predicatore (khatib) a recitare la predica (khutba).
C'è infatti un momento della khutba in cui si invoca la
benedizione di Dio sul sovrano del luogo e molte rivolte, nella storia
del mondo islamico, hanno preso il via proprio verso il mezzogiorno di
un venerdì quando un khatib ha omesso di pronunciare il
nome del sovrano, o lo ha sostituito con un altro. Questa funzione politica
della moschea si è manifestata in maniera particolarmente vistosa
durante la rivoluzione islamica in Iran (1978), dove il regime si era
preoccupato soprattutto di contrastare l'opposizione laica arrestando,
giustiziando o deportando i dirigenti delle formazioni di ispirazione
comunista, socialdemocratica e liberalnazionalista, e smantellandone le
strutture logistiche e organizzative. Anche i dirigenti religiosi più
ostili alla monarchia (tra cui l'ayâtollâh Khomeinî)
erano stati colpiti, ma una chiusura dei luoghi di culto era difficilmente
concepibile; la moschea finì con l'essere l'unico luogo di raccolta
e discussione degli oppositori. Nella moschea si ascoltavano e riproducevano
le registrazioni degli appelli lanciati da Khomeinî e da altri dirigenti
costretti all'esilio, si organizzavano le dimostrazioni contro lo scià
o, più semplicemente, si esortava la gente a salire sui tetti per
gridare Allahu akbar (Il più grande è Dio) durante il coprifuoco.
Funzioni analoghe, sia pur su scala diversa, ha svolto in tempi più
recenti la moschea in Egitto e, soprattutto, in Algeria.
P.G. Donini

A. Bausani, L'Islam, Garzanti, Milano 1980; F.M. Pareja, Islamologia,
Orbis Catholicus, Roma 1951. |
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